The impossible man
"We should not forget, however, that our bodies are composed entirely of substances that once entirely forein.
Certainly we do not cease to preserve intact our identity."

With Foucault we witness the disappearance of the subject. The concept of man as a cultural invention of the nine hundreds also slips away. Western thought has, in the past, always been ascribed to part from a metaphysic and religious system in which concepts like being, god, spirit, have secure references. Philosophy, the sciences, art of the twentieth century have created the bases for a new type of examination, of 'method' of analysing a variably indipendent man, the indication of which takes an entirely different turn now deprived of both memory and objective identity.
The contemporary artist has with great, obsessive enthusiasm acted to this end: man as: metamophic nomade to his references, to his relations, residing in his siteless place.
From a certain viewpoint the work of Loris Cecchini closely follows the results, examines this
'adventures of difference', conserving as well a humanistic look, existential, psycological, but already subtly projected in a new chain of events where the subject is no longer recuperable without the distortion of our look towards a new category, a silent catastrophy of humanity, of his place and self.
They are the objects which comprehend us and not we who comprehend the objects launched in the aesthetic of disappareance, an 'overpassing' as Virilio would say. in the lightness of the images of Cecchini his minimalistic stories take the precedence of caotic prospectives which astound, which are more immediately effective to the eye.
His images almost phisically perceptible, coldly toned, metallic, sanded into structure and frames, make daily or inquietude in which abitual fixation are estranged subject.
It is not strange that Cecchini be an estimator of Matthew Barney as well as of James Ballard.
It seems unusual but in these photos nothing is changed. The objects, the spaces, the surfaces usually lived are always the same. Yet there remains nothing to tie us to them, to their fictional margin of reality and rationality.
Cecchini work as a series does not limit itself neither in its interrogation nor in its gestaltic disturbances; it is also a voyage and an experimentation directed at the body, at its posture, its attitude, its way of communicating silently. The human body in Cecchini's photos models or sculpts directly its signifieds as in one of the celebrated actions of Bruce Nauman, for example
'Slow Angle Walk'. Posed or kneeling, standing or seated, the simulus of Cecchini's work scrutinizes a kind of dead zone, a zone of discontinuity between what we know of and what we have yet to understand.
What is pleasing in Cecchini's recent photos is its spatial relation, of vastness, whitened or metalicized, of landscape in respect to the human figure, in which emerge contemplate, identify our way of perception.
Cecchini chooses the enigma and not the risk of a spectacular retoric as seen in certain photos of Serrano or Cindy Sherman that seem at times only to stupefy us with images all too loaded and contrived.
As if he had given more credit, more space, towards a different end to a different viewpoint less stable that has to do with the other, who will experience the adventure from time to time to face these sites, or these surfaces at once recognizable and incomprehensible.
In fact the ambients described in their allucinated sembrance assume connotations from sciencefiction, as in a know novel by Richard Matheson, translated also into a film of the title
"the Shrinking man". The protagonist for a scientific experiment witnesses a slow transformation of his body in dimentions increasingly reduced finding himself sucked into yet unesplored worlds that are none other than the spaces of his apartment. With horror, astonishment, curiosity and the spirit of adventure the protagonist begins to take on the dimention of his new surroundings.

As in other works of Loris Cecchini, the paradox even more accentuated from tiny to huge, or more from microcosmic to macrocosmic, closes a circle, saturated in its own way the apparent contradictions of life.
No longer in human dimentions, ethic, human comportment of the end of the century ambitions a new measure, an extreme territory where the subject becomes newly described. The latest of Cecchini's interventions seem to recomend a normal attitude, familiar and in any case open to the exploration of categories vaster, less perceptibly graspable.
A position, a comprehension that does not fall simply confused into the pitfall of new images, of new virtual worlds already contaminated by mass conformity, but which lives this new dimention of being in poetic observation. It is in some way the ralation between the protagonist and the images, the artist and the objects, his way of being that characterizes the final perception that the spectator will have.It is the language, the creation of ties that leads one thing to the next.It is in the relation between a tiny body in scale and its clinging, slipping, hanging, lying on different surfaces, now hovering in principle of corruption, which is to say temporal and usurious, now absolutely immaculate, almost eternal.
The maximum descriptiveness of detail coincides here with a kind of emptiness, man as pure sign: simple tie to something else, a guest, a stranger, a vagabond but not a banal object.

Federico Tanzi-Mira


ITA
"Però non bisogna neppure dimenticare che i nostri organismi sono completamente composti di sostanze che un tempo erano del tutto estraneee. Non smettiamo certo di mangiare per preservare intatta la nostra identità. "
(da The impossible man di J.G.Ballard)

Da tempo nella filosofia contemporanea, contemporanea, in particolare dalla corrente di pensiero vicina a Foucault in avanti, si è parlato della scomparsa del soggetto, o comunque del concetto complesso di uomo come un' invenzione culturale del novecento. In passato nella cultura occidentale tutto era sempre stato ascrivibile a partire da un sistema metafisico e religioso in cui concetti come essere, Dio, anima, erano i riferenti ultimi e sicuri di ogni paradigma conoscitivo. La filosofia, le scienze, l'arte del ventesimo secolo, hanno posto le basi per un nuovo tipo di esame, di "metodo" d'analisi della variabile indipendente "uomo", il cui significato sempre più frazionato ha preso la piega di una differenza assoluta, di un soggetto altro senza più memoria né identità oggettiva.
L'artista contemporaneo ha preso atto forse più di tutti, e in ogni caso con grande slancio ossessivo di questa scoperta: l'uomo metamorfico, nomade nei suoi riferimenti, nelle sue relazioni, nel suo luogo senza luogo.
Da un certo punto di vista il lavoro di Loris Cecchini ne segue da vicino gli esiti, ne perlustra questa "avventura della differenza", conservando per altro uno sguardo apparentemente umanista, esistenziale, psicologico, ma gia sottilmente proiettato in una nuova catena di eventi dove il soggetto non è più realmente recuperabile se non distorcendo il nostro sguardo verso un al di là categorico, una catastrofe silenziosa dell'umanità, del suo dove e chi.
Sono le cose che ci comprendono e non noi a compredere della sparizione, un "survolo" direbbe Virilio.
della nitidezza delle immagini di Loris Cecchini sventi, coe più toccano li rispetto a queste ospettive caotiche che prendono il sopravvento, che piu toccano la sensibilità delo Le sue immagini percepibili quasi fisicamente, dalle tonalità fredde, metalliche, levigate dentro strutture e cornici, fanno del quotidiano la nostra inquietudine in quanto fissazione abituale di un soggetto estraneato. Non è un caso che Loris Cecchini sia un estimatore tanto di
Matthew Barney quanto di James Ballard
Appare strano, ma in queste foto niente è cambiato, gli oggetti, gli spazi, le superfici abitualmente vissute sono sempre le stesse, eppure niente ci lega più a loro, al loro margine
fittizio di realtà e razionalità.
il campionario visivo di Loris non si limita a porre degli interrogativi, o dei disturbi gestaltici : è anche un viaggio e una sperimentazione diretta del corpo delle sue posture, dei suoi atteggiamenti, del suo modo di parlare silenziosamente. Il corpo umano delle foto di Loris modella e scolpisce direttamente i significati come una delle celebri azioni di Nauman, ad esempio "Slow angle walk". Posato o in ginocchio, in piedi o seduto, il simulacro di Loris scruta è indaga la zona morta, The Dead Zone, la zona di discontinuità tra ciò che sappiamo e ciò che forse stiamo diventando.
Quello che colpisce piacevolmente delle ultime foto di Loris è il rapporto di spazialità, di vastità, bianca o metallica, del paesaggio rispetto alla figura umana, in cui immergere, contemplare,
identificare il nostro sguardo.
Loris sceglie l'enigma e non il rischio di una retorica spettacolare come forse certe foto di Serrano o di Cindy Sherman che sembrano a volte solo stupire con immagini fin troppo cariche
e costruite.
Come se egli desse più credito, più spazio, ad un altro immaginario, ad un altro punto di vista meno prestabilito che appartiene all'altro, a chi avrà l'avventura di volta in volta di affacciarsi su questi luoghi, su queste superfici riconoscibili e allo stesso tempo sfuggenti.

Di fatto gli ambienti descritti nella loro allucinatoria verosomiglianza assumono connotazioni fantascientifiche, come un noto romanzo di Richard Matheson tradotto anche in film
"3 millimetri al giorno". Il protagonista della storia per un esperimento scientifico vede lentamente trasformare il suo corpo in dimensioni sempre più ridotte trovandosi risucchiato in universi inesplorati che non sono altro che gli spazi del suo appartamento. Con orrore, sgomento, curiosità e spirito di avventura, l'eroe della storia comincerà a prendere le misure del nuovo contesto.
Come per altri lavori di Loris Cecchini il paradosso sempre più accentuato tra piccolo e grande, o meglio tra un infinitamente piccolo e un infinitamente grande chiude un circolo, satura a suo modo le apparenti contraddizioni della vita.
Non più a dimensioni umane, l'etica, il comportamento umano di fine secolo ambisce a nuove misure, a territori estremi dove descrivere nuovamente il soggetto. Gli ultimi interventi di Loris sembrano consigliarci un atteggiamento normale, familiare, comunque aperto all'esplorazione di categorie più vaste e inaferrabili percettivamente.
Un atteggiamento, una comprensione che non cade banalmente confusa nel gorgo di nuovi immaginari, di nuovi mondi virtuali già contaminati dal conformismo di massa, ma che abita questa nuova dimensione dell'essere ascoltandolo poeticamente. E' in qualche modo la relazione tra il protagonista delle immagini, dell'artista e le cose, il suo modo di starci o di
"esserci" che caratterizza la percezione finale che lo spettatore avrà. E' il linguaggio, la creazioni di legami che rinviano una cosa all'altra. E' nel rapporto tra il minuscolo corpo in scala e il suo attaccarsi, scivolare, pendere o sdraiarsi su altre superfici, ora levigate ora in principio di corruzioni, vale a dire ora temporali e usurate, ora assolutamente immacolate, quasi eterne.
La massima pienezza descrittiva del dettaglio coincide qui con una sorta di vuoto, l'uomo come puro segno: semplice legame di qualcos'altro, ospite, vagabondo ma non oggetto banale.

Federico Tanzi-Mira